Automazione Industriale
Cosa fa un programmatore PLC
Come si prepara un PLC a funzionare in un impianto?
I PLC sono indispensabili in un impianto di automazione industriale. Questi dispositivi, infatti, sono praticamente il cervello dei macchinari industriali.
Come abbiamo spiegato in un articolo precedente, i PLC leggono dei segnali in entrata, li processano e poi attivano le uscite digitali (o analogiche) per gestire l’impianto. Ma come è possibile tutto questo? Beh, ovviamente c’è bisogno di un programmatore PLC che sappia come si fa.
Come lavora un programmatore PLC?
La normativa CEI EN 61131-3 ha standardizzato 5 linguaggi che i programmatori PLC possono usare, linguaggi che sono a loro volta supportati dai vari software presenti sul mercato. Tramite questi software dedicati vengono scritte le linee di codice che verranno poi caricate nella memoria del PLC. Il software appena creato, però non viene subito collegato al computer del programmatore, deve prima essere testato e, se necessario, corretto.
La programmazione di ogni PLC parte da un’analisi funzionale del problema da risolvere sull’impianto di automazione industriale, cioè: capire cosa il software dovrebbe far fare ai macchinari e all’impianto. Dopo aver chiarito questa specifica, è necessario capire quali, quanti e che tipo di segnali ci sono in ingresso, quanto durano e quali caratteristiche hanno. Successivamente, il programmatore ha bisogno dell’esatta definizione e descrizione del funzionamento dell’impianto nei minimi particolari, questo sempre per sapere cosa il software PLC debba fare.
Dalla programmazione alla messa in pratica
Se prima abbiamo parlato di un’analisi dei segnali in ingresso, ora bisogna anche capire quando e quanto a lungo i segnali in uscita devono essere forniti al processo. Subito dopo, il programmatore definisce una “lista di occupazione delle I/O“, un elenco che gli permette di sapere in quale ingresso è collegato quale sensore e in quale uscita è collegato quell’attuatore, un passaggio fondamentale per far sì che i segnali arrivino ai macchinari corretti.
Terminata la stesura del software, è ora il momento di limare i dettagli e metterlo a punto. In questa ultima fase di realizzazione, il programma viene eseguito su un simulatore, che in gergo si chiama “banco di prova”. Su questo “banco” è possibile analizzare il comportamento del PLC, simulando varie situazioni che potrebbero presentarsi sull’impianto e si verifica che il programma risponda con quanto debba fare.
Cosa possono fare i PLC?
Il programmatore PLC, insomma, è una figura a metà tra un tecnologo, un direttore d’orchestra e un informatico che, partendo da delle informazioni di base, riesce a creare un software capace di coordinare un intero impianto industriale.
Dato che ogni software per PLC è programmato su misura per ogni impianto, le possibilità dei controllori programmabili sono pressoché infinite. Se il programmatore ha ben presente cosa un impianto deve fare, assieme alle specifiche dei segnali da trasmettere e ricevere, il software che fa funzionare tutto può essere programmato in qualunque modo possibile. Stiamo parlando di capacità che vanno dal muovere un nastro trasportatore al coordinare un robot per il controllo qualità.
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